Intervista a Luisa Pianzola

di Alice SERRAO

Quando ho scovato il titolo “Il punto di vista della cassiera” non ho potuto fare a meno di pensare alle code fuori dai supermercati, durante la chiusura totale dell’Italia, lo scorso aprile, quando fare la spesa era soprattutto l’occasione per eludere la regola: il divieto di uscire. Ho pensato alle cassiere, prima linea nella lotta alla pandemia, le cassiere al fronte degli ipermercati sempre aperti. Non nascondo che ho pensato anche alla voce ugualesonante degli annunci di cassa; e mi è venuta una gran voglia di leggere questo libro di Luisa Pianzola. Una silloge splendida, che mi ha sollecitata al punto che una poesia è diventata oggetto del mio articolo n°1 della rubrica “Poesie sottobanco” che tengo per il blog della Casa della Poesia del Trotter di Milano.

Lo potete leggere qui: https://trotterinversi.wordpress.com/2021/01/29/il-punto-di-vista-della-cassiera/

L’articolo ha poi fatto nascere, a ruota, un nuovo desiderio, un’altra curiosità: conoscere e chiacchierare con l’autrice. Il testo, insomma, è stato davvero il punto di inizio di uno slancio per approfondire, per andare oltre. Ecco come è nata questa intervista con Luisa, che ringrazio vivamente per la sua disponibilità.

  1. Ho letto con piacere il suo ultimo libro “Il punto di vista della cassiera”, che contiene l’omonimo poemetto. Come nasce questo lavoro? Quali sono le immagini, gli incontri, le riflessioni che hanno portato alla genesi di questo libro e del poemetto in particolare. Cosa ci può aiutare a vedere lo sguardo della cassiera?

Scrivo poesia dagli anni ’80 e non mi è mai capitato di programmare o strutturare a priori una raccolta poetica. Su una base piuttosto costante di lavoro, che da tanti anni scorre parallelamente a quello relativo al mio mestiere di giornalista, ciclicamente il “libro”, nel senso di opera pubblicata da un editore, chiede di uscire allo scoperto, perché evidentemente una fase ha avuto termine. Come un elemento di punteggiatura, l’opera dichiara che qualcosa si è concluso e qualcos’altro comincerà. Per esporsi al contatto con il lettore, ha solo bisogno di selezioni testuali, limature, titoli. Una forma che, in realtà, non si esplicita solo nel momento della confezione della raccolta, ma ne ha già delineato alcuni aspetti durante le fasi di scrittura (ad esempio la tendenza prosastica, il verso più o meno lungo). È andata così anche per Il punto di vista della cassiera, alla base del quale, come per tutti i miei lavori, c’è una continua osservazione del mondo, della quotidianità e una conseguente riflessione (spesso inconsapevole) sull’esistenza. Aver puntato la mia attenzione su un personaggio di scarsa considerazione sociale come la cassiera di un supermercato rientra nella mia tendenza ad azionare lo strumento narrativo su situazioni, luoghi e figure preferibilmente marginali. Inoltre lo scenario consumistico nel quale si muove la cassiera è altamente adatto alla poesia proprio perché antipoetico. 

  • Chi sono i suoi maestri? Ogni poeta ha letto un altro poeta per lui determinante, una voce capace di indicare una strada o di svelare una verità. Quali sono, Luisa, i testi che torna spesso a visitare, perché irrinunciabili letture di un apprendistato poetico? Ma, oltre ai “grandi” forse “storici”, italiani e non, vorrei sapere anche qual è l’ultimo libro di poesia che ha sul comodino.

Essendo, nel mio percorso biografico, venuti prima la pittura e il disegno, rispetto alla parola poetica, i primi autori che mi sento di citare sono Caravaggio, Cézanne, Picasso, Giorgio Morandi, Francis Bacon, Rothko. Parlando invece più propriamente di poesia, direi i lirici greci, Montale, Sandro Penna, Mark Strand, Anne Sexton, Giampiero Neri, Mario Santagostini. Libri di poesia, sul comodino, ne ho diversi, perché la poesia non ha un potere monopolizzante, nella mente del lettore, al contrario di altri generi letterari. In questo momento sto leggendo Vita meravigliosa di Patrizia Cavalli, Da un paese vicino di Giampiero Neri e Linea Intera linea spezzata di Milo De Angelis.

  • Ci permetta di sbirciare nella sua officina poetica. Come deve essere la lingua della poesia? Della sua poesia, intendo. Che rapporto hanno le parole con la realtà? La parole creano immagini, evocano, o all’origine della poesia c’è un’immagine, un’esperienza emotiva o di altro genere, che le parole cercano poi di catturare e rivelare? 

Credo che la lingua della poesia debba essere il più possibile vicina a quella della quotidianità, perché solo così, utilizzandola in modo non scontato, è possibile farle fare uno scatto che la renda in grado di comunicare davvero con il lettore. La noia, nell’approccio ad opere in versi (talvolta anche di nomi altisonanti), è sempre in agguato, e penso sia quella, sostanzialmente, ad allontanare il pubblico dalla poesia. Ciò non significa che lo stile di questa lingua quotidiana debba essere sciatto, superficiale o trasandato: al contrario, personalmente adoro limare, togliere il superfluo, raggiungere un equilibrio anche musicale delle parole. Riguardo al discorso visivo ed emozionale, nel mio caso come in quello di tanti altri autori le immagini hanno un ruolo importante sia all’esordio che al termine di un discorso poetico. Anche se di questo, per la verità, ero più sicura in passato. Riguardo invece all’emozione, molto difficilmente da un’esperienza emotiva scaturisce direttamente qualcosa di letterariamente interessante. La poesia non va d’accordo con la fretta, l’immediatezza. Richiede sedimentazione, elaborazione, distanza.

  • Che ruolo hanno la poesia e il poeta oggi? Cosa si chiede o ci si aspetta dalla poesia oggi? Cosa direbbe, lei Luisa, oggi, a una giovane o a un giovane che si accosti alla poesia da lettore, ma soprattutto da aspirante scrittrice o scrittore di poesia? Quale suggerimento?

Non credo che la poesia debba assolvere a compiti speciali, che ad esempio non sono richiesti ad altre forme espressive come la musica, la pittura o l’arte visiva in genere. E non è necessario preservarla come fosse un animale in via di estinzione. I linguaggi cambiano e anche la poesia si deve contaminare, ibridare e, proprio sfidando la prossimità con la parte più bassa e opaca della vita, emergerne splendente e viva. Ai giovani che si avvicinano come autori alla poesia consiglio di non accontentarsi facilmente, non assecondare vanità e autoreferenzialità sviluppando un sano spirito autocritico, leggere gli altri poeti, essere curiosi, non mettere paletti tra le diverse arti, tenersi lontani dal “poetese” e conoscere bene le potenzialità della lingua in cui ci si esprime. Nel senso di padroneggiare l’italiano, ma non disdegnare il suo evolversi ad esempio attraverso i nuovi strumenti di comunicazione. 

  • Ogni poeta ha una poesia nel cassetto, un testo edito o inedito, a cui si sente più legato o a cui ha consegnato più compiutamente il proprio testamento poetico. Luisa, vuole condividere con noi una sua poesia e svelarcene il cuore segreto? Grazie.

Sono portata a non isolare un singolo testo rispetto ad altri preferendo intravedere, nel mio lavoro, fasi omogenee che si alternano. Però, dovendo proprio citare una poesia, ce n’è una alla quale sono particolarmente legata. Fa parte della raccolta La scena era questa, pubblicata da LietoColle nel 2006 con la prefazione di Gianni Turchetta. Eccola.

Ero un cane in fin di vita.

Ero un cane in un cortile in fin di vita

ma poi venivano le rondini i guardiani

e il cane che ero non moriva

salvavo invece una legione di formiche

(è successo che io, cane che ero, dormivo

e col corpo pesante spiumato sollevato

in un punto proteggevo un nido sotto me

turrito, interrato per poco)

da allora il cane che sono non si muove,

avanza al massimo qualche decimetro sulla

ghiaia. E mi han fatto salvatore, un moribondo

salvatore salvato. E ho terra tutt’attorno,

e campi da guardare.

Nota biobibliografica

Luisa Pianzola (Tortona 1960) è poeta e giornalista. Dopo studi di pittura e architettura si è laureata in storia dell’arte contemporanea. Ha pubblicato i libri di poesia Il punto di vista della cassiera (lietoColle-Pordenonelegge, 2020), Una specie di abisso portatile (La Vita Felice 2015), Il ragazzo donna (La Vita Felice 2012), Salva la notte (La Vita Felice 2010), La scena era questa (LietoColle 2006), Corpo di G. (LietoColle 2003), Sul Caramba (Sapiens 1992) e le plaquettes In un paese straniero a volte ospitale (Fiori di Torchio 2013), Miniserie (Accademia di Brera 2013). Suoi testi, tradotti in inglese e francese, sono usciti su riviste internazionali, siti web e antologie. Redattrice della rivista letteraria “La Mosca di Milano” e cofondatrice dell’agenzia di scrittura creativa Fattidistorie, ha curato per LietoColle il progetto Serre di Poesia. Su di lei hanno scritto, tra gli altri, Mario Santagostini, Maurizio Cucchi, Piero Marelli, Milo De Angelis, Piera Mattei, Giampiero Neri, Stefano Raimondi, Gabriela Fantato, Stefano Guglielmin. Sito internet www.luisapianzola.com.